Quando i soldi non danno la felicità

Arriva  sempre nella vita di ciascuno il momento in cui bisogna abbandonare la gentilezza e tirare fuori la fermezza, mostrarsi duri e determinati, nonostante la propria indole. Si tratta, in molti casi, di un passaggio obbligato lungo la strada che dalla fanciullezza conduce alla maturità; un percorso non semplice, costellato da insidie che bisogna imparare a riconoscere ed evitare.

Così è per Gilles Mauvoisin, il “viaggiatore del giorno dei morti”, sbarcato a Rochelle, cittadina costiera del Nord del Francia, sull’Oceano Atlantico. Giunto  come clandestino da un cargo proveniente dalla Norvegia, Gilles  non sa che la sua vita cambierà radicalmente: del tutto fuori contesto, avvolto in un lungo cappotto nero, in testa un cappello di pelliccia, vagherà per le strade della città alla ricerca delle proprie radici: prematuramente orfano di entrambi  i genitori, ha raggiunto la Francia nel tentativo di rintracciare i parenti conosciuti soltanto dai racconti ascoltati nella fanciullezza. Ben presto, scoprirà di essere l’erede di una enorme eredità: una fortuna insperata, lasciatogli dallo zio Octave Mauvoisin, fratello del padre, ma appesantita da segreti che rischiano di imprigionarlo e schiacciarlo.

L’eredità di Octave Mauvoisin lo stava distruggendo.

Aveva paura di andare a fondo,

e non faceva nulla per evitarlo,

come fosse ineluttabile.

Parte dell’eredità ricevuta è la chiave di una cassaforte che potrà essere aperta soltanto individuando la combinazione,  una parola da scoprire per riuscire a fare luce sugli oscuri rapporti che legavano lo zio al sindacato. Una ricerca tutt’altro che semplice, causa di inquietudine per il protagonista, ma anche per il lettore di Simenon, narratore lontano dalle tortuosità acrobatiche di certa letteratura, ma capace di condurci tra le stradine fosche di Rochelle, legandoci empaticamente al protagonista.

Fino  alla conclusione: felice? Da elogiare o biasimare? Dipende dai punti di vista.

La continua fiumana della vita

La  Marie Dudon, che con il suo scialle dà il titolo alla raccolta di racconti, è una donna provata dalla fatica  cui la costringe il bisogno, dopo il licenziamento del marito. Mentre lava i panni in due tinozze, poste su altrettante sedie davanti alla finestra, assiste a qualcosa di insolito che potrebbe trasformare la sua vita e quella della sua famiglia. Nel mettere in atto il piano, però, deve scontrarsi con la grettezza del marito, ignaro del suo progetto, il quale le impedisce di uscire sotto la pioggia con il cappotto e la scarpe nuove per non rovinarle. Così, Marie Dudon si ritrova avvolta nel miserrimo scialle madido di pioggia e le scarpe sformate e piene d’acqua, in una casa signorile, completamente fuori contesto. Consapevole della propria condizione di inferiorità, perde la forza e la capacità di contrattare e chiedere ciò che le necessita accontentandosi di briciole, ma riproponendosi di tornare in carica in tempi più favorevoli. Non ha però fatto i conti con la spregiudicata immoralità e attitudine criminale dell’antagonista.

Marie Dudon è soltanto uno dei personaggi che affollano i dieci racconti di questa preziosissima antologia in cui Simenon si rivela, anche nella narrazione breve, un profondo conoscitore e analista dell’animo umano, qui rappresentato e modellato con compiutezza, attraverso un numero vario e composito di uomini, donne e bambini trasportati dalla fiumana, inarrestabile, della vita.

Al fianco di Marie Dudon incontriamo la giovane Charlotte, entraîneuse della  Boule Rouge,  mentre  in compagnia di un cliente attraversa la Parigi notturna, tormentata dalla consapevolezza che al suo fianco cammina un famoso criminale. O ancora, il piccolo Corbion che assiste al disfacimento della propria famiglia e della sicurezza economica costruita sulla menzogna cui la frustrazione del bisogno può condurre. Aggiungiamo all’elenco la piccola Valérie: una domenica mattina scopre l’egoismo della   madre e delle sorelle che la costringono al sacrificio e mortificano i suoi sogni giovanili, ma deve prendere atto  che

“l’odore delle lacrime esiste solo per chi le versa”.

Altrettanto toccante è la vicenda della “vecchia coppia di Cherbourg”, ospiti dell’Hôtel des Deux-Continents, in attesa di un figlio in arrivo dall’America dove ha fatto fortuna. La loro (contadini che parlano una lingua incomprensibile che non riescono a pagare il conto, pur avendo in mano un assegno da milionari) presenza infastidisce i proprietari dell’albergo, fino a quando non ha la meglio l’avidità egoista, sempre in agguato nell’animo umano. Di certi uomini, almeno.